Iniziamo il ciclo di interviste alle insegnanti del Centro Yakshamada scambiando qualche parola con la direttrice e fondatrice Paola Polli, per imparare qualcosa di più riguardo al suo percorso di vita con lo yoga.
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Yakshamada è una ASD affiliata ad AICS. La partecipazione è riservata ai soci.
1) Come e quando è entrato nella vita lo yoga?
Se dovessi fissare esattamente l’inizio della mia attività yogica, riportandola ai primi anni ’90, commetterei un errore. Infatti nella precedente attività agonistica (16 anni), seguita da un periodo nel quale ho ricoperto anche il ruolo di allenatrice, ho fatto da cavia, insieme ad altre ragazze, per una tesi di laurea di una collega sportiva. Il tema in oggetto era il Training Autogeno: a quei tempi era una novità in Italia, e la passione e lo zelo che questa ragazza ci trasmetteva nello sperimentare queste tecniche mi ha portata, viste le particolari esperienze che nascevano in me dopo le “terapie”, a mantenere negli anni una certa costanza, familiarità e quotidianità con queste pratiche. Così, durante la maternità ho approfondito ancor di più queste tecniche in preparazione al parto, aiutata da una psicologa.
La svolta comunque c’è stata agli inizi degli anni ’90, al rientro da un periodo abbastanza lungo (tre anni) trascorso all’estero (in Germania), quando cercavo qualcosa di più spirituale, che andasse oltre il movimento fisico, senza escluderlo, ma integrandolo con “qualcosa di più”. Con curiosità mi sono avvicinata a un centro di yoga, e ho scoperto la mia passione, che tuttora persiste. Non nego che dopo due anni ho abbandonato tale disciplina per tornare alle solite pratiche fisiche, delle quali avevo nostalgia; ma in quel periodo di sospensione ho sentito aridità in quello che facevo: mancava qualcosa. Ripresa la pratica non ho escluso l’attività sportiva: anzi, l’ho rivisitata attraverso lo yoga, scoprendo quanto fosse più piacevole e leggero ciò che facevo, sostenuto da una rinnovata attività respiratoria. La consapevolezza cominciava a prendere il sopravvento, e da quel momento la mia ricerca nello yoga non si è più fermata.
2) Perché yoga?
Sarebbe facile rispondere: “perché mi piace”. Di fatto, se non mi piacesse non lo praticherei. Certo, richiede molto sacrificio, specialmente quando ci si approccia a posizioni che sembrano irraggiungibili. Bisogna fare i conti con i propri limiti, non solo fisici, ma soprattutto mentali. Abbiamo sovrastrutture mentali così radicate che ci impediscono di vedere, affrontare e risolvere situazioni che, una volta esaminate in modo oggettivo, sono di una banalità estrema. Il fatto di superare determinati limiti richiede sì molto impegno e costanza, per la natura stessa dei limiti, ma la conquista sprigiona un senso di libertà incomparabile. Oserei dire che è proprio la parola “libertà” che riassume in sé la risposta a questa domanda.
3) A chi consiglieresti yoga?
Lo yoga sarebbe per tutti, ma non tutti sono per lo yoga. Il termine “consigliare” non mi è mai piaciuto, in quanto contiene in sé il sentire di chi dà il consiglio. Sono una persona che ha sempre fatto le cose spinta dalla curiosità, e che ha sempre fatto resistenza alle costrizioni. Deve partire da me l’input per l’azione. Posso anche trovarmi in mille difficoltà, ma sono io che l’ho voluto.
4) Cosa pensi dello yoga ai nostri giorni?
Un grande bailamme! Sbucano insegnanti a ogni piè sospinto, muniti di diplomi ottenuti dopo periodi di preparazione sempre più brevi. Insegnare è un’arte: se non ci sono costanza, perseveranza e soprattutto talento, per quanto una persona possa anche praticare bene può solo creare danni nell’allievo, allontanandolo tra l’altro da questa meravigliosa disciplina. Le antropotecniche che stanno alla base di qualsiasi pratica yogica dovrebbero essere rispettate, se si vogliono raggiungere dei risultati nel tempo. Provengo da una scuola molto severa, che ha instillato in me il senso e il valore di una pratica “pulita”, scevra da gesti inutili, trascinandomi sempre più nell’oggettività, dove i contrasti scompaiono, dove non esistono più il mi piace e il non mi piace, dove non ci sono più il bello e il brutto, dove non devi più preferire una cosa rispetto a un’altra. Troppe scuole, pensando al business, vendono pacchetti di yoga promettendo il raggiungimento di qualche “paradiso“, o il più conosciuto “Samadhi”.
Attualmente sono impegnata in un Master in Yoga Studies dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Quando metto a confronto lo yoga dell’antichità, la sua vastità, letteraria e tradizionale, con quello che oggi vedo, mi rendo conto di quanto il business abbia distorto sempre più quella grande cosa che ancora prima di Cristo è stato lo yoga. Certamente i tempi cambiano, e tutto si modifica, ma oggi siamo di fronte a una distorsione completa dello yoga.
5) Quali progetti prevedi nel tuo percorso yogico?
Parlare di futuro sarebbe proprio una contraddizione, perché lo yoga ci insegna a vivere il qui e ora. Capisco comunque il senso della domanda. Attualmente sono impegnata su molti fronti. Sono supportata anche da uno staff che collabora a stretto contatto con me. La sede di Peschiera e quella di Verona impegnano non poco; se poi si aggiungono gli approfondimenti mensili e altre collaborazioni con altri Centri, non da ultimo un Centro anziani dove sto avendo grandi soddisfazioni, e il Master stesso, non ho spazio per pensare al futuro. Io faccio.
Un piccolo desiderio, se proprio lo vogliamo dire, è quello di diminuire la mia presenza stabile nei miei Centri, per poter viaggiare e fare nuove esperienze nel mondo. Qualcosa ho pianificato, ma per ora rimane nascosto nel mio profondo, pronto a uscire al momento opportuno.
Namasté
Scopri il curriculum di Paola Polli nella pagina Le Insegnanti.